Brexit in salita: i Lord ostacolano il percorso del governo May

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Il mondo sta girando al contrario: se da una parte c’è la Cina che schiera col libero commercio capitalista, dall’altra c’è l’America che osanna il protezionismo; se da una parte ci sono i poveri che votano per la destra, dall’altra ci sono i benestanti che parteggiano per la sinistra. E a tutto questo ci si aggiunge anche una Camera di baroni e baronesse che si ritrova a dover prendere le difese dell’Europa, mentre i conservatori, da sempre identificati con l’aristocrazia e il privilegio, minacciano di abolire la stessa Camera dei Lord!

E’ questo il risultato a dir poco paradossale della votazione che si è tenuta ieri sera al palazzo di Westminster, in cui la Camera alta ha deciso di ribellarsi al governo dei Tories capitanato da Theresa May approvando un diritto di veto del Parlamento sul caso Brexit.

Passata a larga maggioranza con 366 voti favorevoli e 268 contrari, la mozione prevede che tutte e due le Camere, quando fra due anni si porterà a termine il negoziato sulla Brexit, votino sui termini dell’accordo raggiunto e se necessario obblighino il proprio governo a fare un passo indietro pur di strappare un accordo migliore. In pratica, con il voto della Camera alta si stabilisce che il negoziato di cui si prenderà cura il governo britannico dovrà essere approvato da tutte e due le Camere affinché sia passibile di validità.

La Camera alta in pratica vuole che i lord possano esaminare la sostanza dell’intesa e chiedere che sia modificata qualora dovesse apparire controproducente per gli interessi nazionali. “Se il presidente americano necessita dell’ok parlamentare per firmare un trattato, non c’è nulla di male a imporla anche al premier britannico”, ha affermato a questo proposito lady Ludford, leader dei liberaldemocratici alla Camera dei Lord.

Ora tutto sta a vedere se anche la Camera dei Comuni farà la stessa identica cosa votando come hanno fatto i Lord. Se tutto ciò dovesse accadere e in un prossimo passaggio parlamentare sia la Camera dei Lord che quella dei Comuni dovessero girare le spalle al governo May, a quel punto sarà in bilico tanto la Brexit quanto la stessa tenuta del governo nazionale: “Se i deputati voteranno come i Lord – ha spiegato Howell, parlamentare conservatore – sarebbe l’equivalente di una sfiducia nei confronti del premier e quindi si ricorrerà a elezioni anticipate”.

La premier però non si lascia intimidire e continua a dimostrare di essere interessata a una cosa soltanto: accelerare il negoziato sulla Brexit per non ritrovarsi a giugno, un anno dopo il referendum, ancora allo stesso punto di inizio. Senza considerare che le elezioni non sono prevedibili e che i sondaggi, ora schierati dalla parte dei conservatori, spesso sbagliano così come del resto si è visto con l’elezione di Trump.