Banco Popolare-Bpm, ci siamo quasi: fusione dietro l’angolo

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Il 15 ottobre sarà una data cruciale, una di quelle da cerchiare di rosso sul calendario, perché è proprio in quella giornata che la Popolare di Milano si riunirà in assemblea straordinaria per decidere una volta per tutte sulla paventata fusione con Banco Popolare.

Prima del voto, però, Bpm vuole che si raggiunga un’intesa con i sindacati in merito a una sorta di “welfare aziendale”: l’obiettivo è di arrivare a un accordo sulla distribuzione annuale del 5% dell’utile lordo, perché se da una parte c’è chi vuole mantenere questa clausola – prevista peraltro dallo statuto stesso della Bpm – dall’altra c’è invece chi con la fusione guarda al decadimento di questa condizione.

Mentre si continua a discutere nel merito, i sindacati Fabi, Uilca, Fisac-Cgil e First-Cisl stanno cercano di mobilitare i rispettivi iscritti per l’appuntamento di ottobre. I vertici dell’istituto milanese, invece, già dal 4 ottobre prossimo inizieranno a spiegare tanto agli investitori quanto ai soci quelli che sono i dettagli del progetto di fusione. Castagna, amministratore delegato di Banca Popolare di Milano, ha spiegato: “E’ fondamentale che tutti capiscano la valenza dell’operazione ed è responsabilità nostra e mia comunicare il fatto che questa è una notizia buona per il sistema bancario, per il Paese, per gli imprenditori e anche per il mercato”.

Gli analisti ritengono che la fusione tra i due istituti di credito sia da ritenersi scontata. Secondo Equita Sim “l’operazione non dovrebbe correre alcun rischio perché i soci dipendenti favorevoli al deal possono fare incetta su circa 4-5mila voti”. Inoltre, spiegano gli analisti della banca di investimento, “una scelta contraria alla fusione avrà ricadute occupazionali ancor più pesanti rispetto a quelle prospettate dal piano Banco-Bpm, in quanto Bpm diverrebbe un takeover target una volta diventata spa e in quel caso l’acquirente imporrebbe tagli del personale maggiori”.

L’ok, insomma, è dato per scontato. Peccato però che ci sia una sorta di “asse dei pensionati” (rappresentati dal Patto per la Bpm e dall’Associazione Lisippo) che potrebbe marciare contro l’accordo: da parte loro, infatti, i pensionati hanno già annunciato la contrarietà all’ipotesi di fusione tra i due gruppi. I pensionati partono da una base di 700 adesioni, ma bisogna tenere conto del fatto che possono raccogliere fino a 10 deleghe per il voto in assemblea: nel caso in cui dovesse esserci una bassa affluenza, insomma, potrebbero anche riuscire a dire la loro facendo “la voce grossa”.