Il Giappone contro Theresa May

Mentre il Regno Unito accelera i piani sulla Brexit, il Giappone minaccia Londra di andarsene

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theresa may

Il premier britannico Theresa May è decisa ad accelerare i tempi per il divorzio dall’Unione Europea.

La May ha convocato una riunione questa settimana per stilare una road map per la Brexit e accelerare i tempi di uscita dall’Unione Europea, ma lo spaccatura nel governo è alle porte. Si è pronti ad uno scontro, sembra infatti che vi siano due fazioni: coloro che vogliono mantenere l’accesso al mercato UE in alcuni comparti chiave (i servizi finanziari, ad esempio) e coloro che vogliono uscire dall’UE senza aspettare ulteriormente. Il premier dovrà ergersi ad arbitro ma, al di là della disputa, la May sembra intenzionata ad andare avanti, anzi ad accelerare il processo di uscita.

Il Primo Ministro sembra inoltre interessata ad attivare l’articolo 50 del Trattato di Lisbona che dà l’avvio formale a due anni di negoziati con Bruxelles. Sembra intenzionata ad attivarlo all’inizio del prossimo anno, senza aspettare le elezioni in Francia e Germania, previste rispettivamente per aprile/maggio e settembre prossimi.

Nel frattempo, il Giappone minaccia Londra di abbandonare il territorio britannico, spostando e rilocalizzando tutte le aziende giapponesi che hanno attualmente il loro quartier generale nel Regno Unito. Il Giappone è intenzionato a spostare le sue aziende nel resto d’Europa se le leggi comunitarie cesseranno di essere applicate anche nel Regno Unito. Tokyo fa riferimento in particolare e senza troppi giri di parole, alle imprese che sono state caldamente invitate dal Governo britannico a localizzarsi sul territorio e che hanno investito attivamente nel Paese, visto all’epoca come porta di passaggio per l’accesso in Europa.

Tokyo pretende pertanto che Londra consideri seriamente gli effetti della Brexit e che attui misure per incentivare gli investimenti, nonchè che venga ripristinata la libertà di movimento dei lavoratori delle imprese giapponesi. Le banche presenti a Londra sono le più a rischio, seguono i produttori di auto quali Honda, Nissan e Toyota, che hanno impianti nel Regno Unito e temono aumenti nei prezzi, e le case farmaceutiche.