Inflazione: come procedono le cose nell’Eurozona?

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Nell’ultima riunione risalente al 19 gennaio scorso, la Banca Centrale Europea ha confermato i tassi di interesse già oggetto di conferma nella precedente riunione di dicembre. Ma dal momento in cui la decisione di lasciare invariati i tassi di interesse era già nell’aria, il tema vero della riunione è stato un altro: l’andamento dell’inflazione e le possibili misure da prendere in considerazione per favorire il rialzo dei prezzi nell’Eurozona.

Infatti i notiziari sono mesi ormai che parlano di prezzi al palo; di prezzi che se da un lato fanno felici i consumatori, dall’altro si ripercuotono negativamente sul mondo del lavoro (che deve accettare per forza di cose salari più bassi e profitti minori).

Analisi sull’inflazione

Nel merito della questione il numero uno della Bce, Mario Draghi, è stato piuttosto chiaro. Draghi ha definito i quattro parametri che dovrebbero permettere di capire se il target “statutario” dell’inflazione si possa ritenere raggiunto oppure no.

Tali parametri sono in primo luogo l’obiettivo del 2%, che deve essere raggiunto nel medio periodo e non con improvvisi balzi che poi potrebbero immediatamente rientrare. Il secondo parametro consiste nel mantenere nel tempo questo 2% e lasciare quindi che non sia un dato momentaneo. Il terzo parametro riguarda la variazione dei prezzi, che gli economisti di Francoforte si auspicano sia vicina al 2% e che si mantenga tale anche senza il supporto dato da una politica monetaria espansiva. E in ultima istanza v’è la necessità che l’inflazione sia omogenea per tutti i Paesi dell’area euro, per quanto chiaramente possibile.

Alla luce di quanto detto sopra, Draghi ha ammesso che, almeno per il momento, non vi sono in Europa dei segnali che possano lasciar pensare a una ripresa dell’economia solida e convincente. Da qui, la decisione della Bce di propendere per una politica che sappia essere espansiva e accomodante.

Cosa aspettarsi per le prossime settimane?

Cosa verrà deciso allora durante la riunione del 9 marzo prossimo? Dati i presupposti c’è da pensare che difficilmente ci saranno considerazioni così diverse rispetto a quelle emerse il mese scorso, anche perché questa prima settimana di febbraio non sembra stia dando spazio a chissà quali novità su questo fronte.

Ci potranno essere giorni in cui l’acuirsi delle tensioni pre-elettorali e l’avanzare dei movimenti populisti finiranno col mettere in pericolo l’euro, ma difficilmente questo scenario si concretizzerà con atti “pesanti” di qui ai prossimi giorni. Gli scenari più vari e importanti, semmai, ci saranno soltanto nella seconda parte del 2017, quando si avvicinerà il termine ultimo del Quantitative Easing e quindi la rivisitazione del piano di acquisto titoli.