Referendum Alitalia, nulla di fatto: quali scenari si aprono?

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Il referendum indetto per stabilire il destino di Alitalia ha dato come verdetto finale il no, aprendo uno scenario, se possibile, ancor più tetro per la nota compagnia aerea. Il presidente del consiglio Paolo Gentiloni, si è detto amareggiato e deluso per il fatto che non sia stata colta l’opportunità insita nel pre-accordo tra l’azienda ed i sindacati e che questo esito renderà tutto più difficile.

A detta del Premier, infatti, non sussistono le condizioni per una nazionalizzazione ed, allo stesso tempo, non ci sono vie alternative per salvare Alitalia. Il governo, infatti, non vuole e non può spendere soldi pubblici anche se, in caso di fallimento, la cifra che verrà a pesare su tutti sarà comunque esosa, aggirandosi intorno ad un 1 miliardo di euro.

Al momento, è stata indetta un’assemblea prevista per il 2 Maggio, giorno in cui verrà fatta richiesta di amministrazione straordinaria. A quel punto, il governo nominerà dei commissari che in sei mesi dovranno portare avanti la cessione degli asset, accertandosi di non danneggiare i viaggiatori e la mobilità.

L’idea, a detta del titolare dello sviluppo Carlo Calenda, è quella di chiedere il via libera per un prestito ponte di 400 milioni di euro all’Unione Europea in modo da mantenere la compagnia sul mercato in attesa di un compratore. Tutto ciò sarà ovviamente possibile solo se dopo la riunione del 2 Maggio non si giungerà alla liquidazione che, al momento, sembra aleggiare pesantemente sulle sorti di Alitalia. Sempre a detta di Calenda, è da escludere la possibilità che lo Stato possa investire le risorse che sarebbero invece state possibili grazie agli azionisti privati. E, questo, nonostante le voci che asserivano il contrario e che si pensa siano state messe in giro da qualche sindacalista mossosi in modo poco trasparente.

La possibilità che il governo stanzi delle risorse, come ha sostenuto lo stesso Calenda, è da escludere, in primo luogo perché le regole europee non lo permettono e, sopratutto, perché se anche fosse consentito, i cittadini così come il governo stesso non lo vogliono. Un assunto sul quale, a suo dire, si era stati chiari fin dal principio.

Di parere un po’ meno drastico è invece il Pd che suggerisce la possibilità di cercare una via alternativa in modo da tutelare sia i lavoratori che la compagnia. A detta del presidente Matteo Orfini, infatti, nonostante la difficile situazione è sbagliato considerare l’esito del referendum come assoluto. A suo dire è invece necessario considerare con attenzione ogni alternativa possibile.