Unicredit, Poste Italiane e Pioneer: cosa hanno in comune queste tre aziende?

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Unicredit è al lavoro per rafforzare il suo profilo creditizio e limitare l’entità di un aumento di capitale che secondo gli esperti è stimato tra i 5 e i 7 miliardi di euro.

L’Istituto ha infatti ceduto a Balbec Asset Management un portafoglio di crediti in sofferenza pari a 570 milioni di euro, al lordo delle rettifiche di valore. Questa è una delle mosse messe in atto dall’Istituto per sfoltire gli asset non strategici, insieme alla cessione del 10% di Fineco e Pekao di luglio, alla vendita del 40,1% della controllata polacca e la messa sul mercato di Pioneer.

Fallita l’aggregazione con il Banco di Santander, Unicredit vorrebbe incassare 3 miliardi di euro con la cessione del colosso del risparmio gestito, che vanta un patrimonio gestito pari a 143 milioni di euro circa. I possibili acquirenti sarebbero dieci, tra cui molti fondi stranieri di private equity, ma al momento Poste Italiane sembra essere la più interessata al dossier.

L’azienda infatti intende diversificare il suo profilo creditizio, come dimostra la partnership che ha avviato con Anima sgr, di cui Poste Italiane ha rilevato nel 2015 il 10,3%, pari a 210 milioni. Secondo Intesa Sanpaolo però, l’acquisizione di Pioneer potrebbe avere impatti proprio su Anima sgr.  Secondo Equita Sim per acquisire il controllo di Pioneer al 70%, Poste Italiane potrebbe arrivare a sborsare circa 2 milioni di euro, rendendo poi necessario un aumento di capitale. Il restante 30% resterebbe nelle mani di Unicredit, in vista di un possibile sbarco in Borsa della sua controllata.

In ogni caso, questa operazione dipende dal collocamento della seconda tranche del 29,7% di Poste Italiane. Il MEF preme per chiudere la questione velocemente e prima del referendum costituzionale che si terrà a novembre-dicembre prossimi. Un’eventuale vittoria del no infatti complicherebbe l’aumento di capitale di Mps, con conseguenze immediate su Poste Italiane e sull’intero comparto bancario italiano.