Bitcoin, cosa sta accadendo precisamente in Cina

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Cosa sta accadendo in Cina a proposito del Bitcoin

In poche settimane la Cina è passata dall’essere il paese con la più grande comunità di miners di bitcoin allo spauracchio di quanti hanno investito e investono sulla crescita delle criptovalute: le autorità centrali e locali hanno infatti recentemente assunto iniziative volte a limitare fortemente il commercio, la speculazione e l’estrazione delle monete virtuali, con il risultato di destabilizzare pesantemente le quotazioni di bitcoin e delle altre cripto valute. Ma cosa sta succedendo esattamente in Cina?

La prima mossa del Governo è stata vietare le ICO, o Initial coin offerings, e cioè il lancio ufficiale di nuove monete virtuali al pubblico; le autorità si sono poi concentrare sui mercati locali di scambio delle criptovalute per fermare le negoziazioni, per poi avviare una politica di dissuasione nei confronti delle compagnie di mining, le quali permettono con calcoli e processi altamente dispendiosi in termini di energia le transazioni di bitcoin. Indiscrezioni suggeriscono che il prossimo passo del governo cinese consista nell’impedire ai propri cittadini l’accesso alle piattaforme online che permettono la compravendita di monete virtuali. Al momento, dunque, l’unica possibilità rimasta in Cina per scambiare criptovalute è l’utilizzo di mercati over the counter, un processo molto più lento e rischioso per il capitale coinvolto.

Resta il fatto, però, che la stessa Banca Popolare della Cina, l’istituto finanziario centrale del gigante asiatico, ha avviato processi di sperimentazione di una propria criptovaluta: ciò che sembra emergere non è quindi una chiusura dogmatica nei confronti delle monete virtuali, quanto piuttosto un tentativo di controllarne rigidamente l’uso, eliminandone le caratteristiche di autonomia e decentralizzazione che invece caratterizzano sin dalla loro nascita i bitcoin.

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Come è ovvio, le iniziative delle autorità cinesi hanno generato immediate conseguenze, a livello nazionale ma non solo. Se da una parte i miners di bitcoin, che fino oggi hanno potuto trovare all’interno della Grande Muraglia condizioni estremamente vantaggiose per la loro attività, stanno già guardandosi attorno per trasferirsi in paesi più permissivi, il giro di vite di Pechino ha allarmato i mercati anche fuori dai confini, determinando il brusco rallentamento delle quotazioni che tutte le criptovalute hanno subito in queste prime settimane del 2018. Non solo: ultimamente anche in Corea del Sud, uno dei principali attori del successo delle monete virtuali, sono state avviate a livello governativo iniziative per scoraggiare e impedire il commercio e la diffusione dei bitcoin. Se fino a oggi l’Asia aveva rappresentato un mercato propulsore alla crescita impetuosa delle criptovalute, proprio dall’Oriente giungono ora forti impedimenti pubblici al loro uso.