Il governo della Corea del Sud ha avviato il primo passo ufficiale per mettere al bando lo scambio di criptovalute all’interno del paese: una mossa shock che fa raggiungere il picco all’escalation di notizie e colpi di scena avviata nell’ultimo scorcio dell’anno appena concluso, con il fallimento della piattaforma di scambio bitcoin Youbit a seguito di un pesante attacco hacker e proseguita con la raffica di ispezioni ordinate dal governo centrale su 6 istituti bancari che trattano bitcoin.
Con la decisione di oggi, annunciata dal ministro della Giustizia Park Sang-Ki, il governo sudcoreano intende chiudere una volta per tutte la possibilità dei suoi cittadini di commerciare criptovaluta all’interno dei confini nazionali, anche se il percorso intrapreso mostra già i primi ostacoli di realizzazione. Come dichiarato dal ministro, attraverso il suo dicastero le autorità centrali sono in procinto di elaborare un decreto per vietare l’acquisto e la vendita di bitcoin, ma per tramutare questo atto in legge occorre una maggioranza qualificata all’Assemblea Nazionale di almeno 297 membri: un processo che potrebbe richiedere, per essere definitivamente concluso, diversi mesi. L’idea stessa di impedire un commercio come quello delle criptovalute, che proprio sull’immaterialità e l’assenza di confini si basa, inoltre, pare destinata, se non al fallimento, almeno a una parziale inefficacia: sarà certamente più difficile per i cittadini sudcoreani incassare i risultati delle loro operazioni in bitcoin, ma non impossibile, rivolgendosi a mercati più favorevoli come ad esempio il vicino Giappone.
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Sicuramente quello lanciato dal governo di Seul è un gesto di sfida, e come tale ha colto pienamente nel segno: gli scambi di bitcoin hanno infatti registrato un ulteriore arresto all’interno del mercato asiatico, con una flessione del 21% nella quotazione, anche se paradossalmente, dopo una prima ondata di panico tra gli investitori più sensibili, potrebbe essere proprio la stretta delle autorità a far montare il valore di un bene scarso.
Alla sfida delle autorità, intanto, rispondono gli stessi investitori: oltre 55mila sudcoreani hanno inoltrato al sito ufficiale della presidenza della repubblica asiatica la propria adesione a una petizione per chiedere la sospensione dell’inasprimento di regole, determinando un temporaneo blackout del traffico.