Quotazione Bitcoin, punto al 28 dicembre 2017

0
Exchange Bitcoin in Sud Corea dichiara fallimento

La giornata inizia male per la quotazione bitcoin, che perde oltre il 10% in meno di un giorno. La notizia che oggi pesa sul prezzo della criptovaluta è quella che proviene dalla Corea del Sud, in cui il governo starebbe valutando l’idea di limitarne le transazioni tramite la chiusura di alcune piattaforme di scambio. Il motivo è semplice: eccesso di speculazione.

Ciò che va preso altamente in considerazione è che la Corea del Sud, insieme al Giappone, è uno dei paesi che maggiormente crede e investe nel bitcoin, sin dal principio. D’altro canto, il sistema Bitcoin è nato proprio in Giappone, per poi avere presto una risonanza anche in Corea del Sud, paese altrettanto attento alle nuove tecnologie, soprattutto in ambito informatico. Nella sola Corea del Sud si scambiano 1/5 dei bitcoin in circolazione. In un precedente articolo abbiamo evidenziato invece come uno studio della Deutsche Bank ha rivelato che il 40% dei speculatori di bitcoin siano giapponesi tra i 30 e i 50 anni.

Gli annunci da parte del governo della Corea del Sud hanno pesato sulla quotazione del bitcoin, che nonostante ieri fosse tornata sopra quota 16.000$, stamattina si trova attorno ai 14 mila. Chi investe e fa trading, o semplicemente chi segue l’andamento del bitcoin, ormai inizia ad abituarsi a queste oscillazioni.

[plus_chart chart=”BTCUSD”]

Il fatto che vi siano degli eventi concreti a causarle, le rende quanto meno più “reali”.

Anche in Corea del Sud, quindi, le preoccupazioni verso gli eccessivi fenomeni di speculazione su questa criptovaluta seminano timori. Questa preoccupazione è rivolta soprattutto ai più giovani, sempre più coinvolti e attratti dalle potenzialità di guadagno e dai tempi ridotti.

In concreto, il governo della Corea del Sud vuole imporre il divieto alle banche di offrire conti virtuali alle piattaforme exchange, ovvero quelle in cui si scambiano bitcoin. Inoltre, si pensa ad una forma di contrasto alle transazioni anonime, per le quali le banche sarebbero invece presto costrette a identificare il soggetto che effettua la transazione.

Tutto fa pensare, a questo punto, che eventuali restrizioni potrebbero essere applicate da numerosi altri paesi nel mondo, per le stesse motivazioni.