La SEC blocca in Texas una ICO da 600 milioni di dollari

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La SEC blocca una ICO

La SEC, la Commissione governativa degli Stati Uniti che controlla l’immissione e gli scambi sul mercato di titoli e asset finanziari, ha ottenuto da un tribunale il blocco di quella che andava definendosi come la più imponente ICO (Initial Coin Offering, o offerta iniziale di criptovaluta) della storia, oltre al congelamento dei beni collegati e ai fondi fin qui raccolti da un sedicente istituto bancario del Texas, AriseBank. Attraverso l’uso delle piattaforme social, la pubblicità e altri meccanismi di diffusione di messaggi promozionali, la compagnia basata a Dallas avrebbe raccolto dagli investitori, in soli 2 mesi, circa 600 milioni di dollari: la corte ha disposto il sequestro degli asset dei due fondatori di AriseBank, oltre al capitale da loro racimolato in una ICO che pare aver battuto ogni record.

La Commissione ha basato il ricorso accolto dal giudice sull’illegalità stessa della ICO, dal momento che non è stata presentata in precedenza alcuna autorizzazione alla SEC, né tantomeno una richiesta di esenzione dalla registrazione. AriseBank, che si autodefinisce “una banca decentralizzata”, aveva falsamente dichiarato, per poi ritrattare l’annuncio giovedì scorso, di aver acquistato una banca assicurata presso la FDIC (Federal Deposit Insurance Corporation), il che avrebbe permesso alla società texana di offrire conti assicurati. Dopo aver interrotto la raccolta di capitale, la SEC intende ora procedere con tutti i mezzi per assicurare i responsabili alla giustizia e restituire i fondi raccolti con l’inganno agli investitori.

Negli ultimi mesi le attività di controllo della Commissione si sono concentrate con particolare attenzione intorno alle ICO, un’attività particolarmente attiva nel comparto delle criptovalute: secondo uno studio della società di revisione Ernst & Young, il meccanismo delle offerte iniziali di moneta, che non gode ancora di una regolamentazione ufficiale e rigida, ha fino a oggi movimentato circa 3,7 miliardi di dollari, dei quali un 10% circa è finito nelle mani degli hacker.