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Leonardo Di Caprio: è scandalo

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Leonardo Di Caprio

Leonardo di Caprio come Jordan Belfort, il protagonista del film “The Wolf of Wall Street” interpretato proprio dall’attore nel 2013. Il film parla proprio delle frodi di cui si macchia il protagonista, broker spregiudicato, finito poi sotto accusa per le attività poco lecite di un fondo malese.

Guai in vista per Leonardo Di Caprio. Sembra che nella sua fondazione benefica siano stati trovati i soldi di un fondo malese usato per corrompere i politici e favorire le aziende responsabili della deforestazione in Malesia.

La Fondazione Di Caprio ha recentemente donato circa 3 milioni al WWF per il programma di protezione delle tigri in Nepal, altri 3 milioni a Oceana, organizzazione che si occupa della difesa degli oceani e delle specie marine e 1 milione per salvaguardarae gli elefanti dai cacciatori d’avorio. La tempesta finanziaria che si è scatenata sull’attore rischia di mettere in ombra tutto ciò che di buono la fondazione ha fatto fino ad oggi.

La Bruno Manser Fund, altra fondazione nota per il suo impegno nella lotta contro la deforestazione in Malesia, è stata la prima a muovere le accuse contro la gestione poco trasparente all’interno della fondazione no profit di Di Caprio.

Quello che si contesta a Di Caprio è di aver accettato denaro dal fondo Malaysia Developmetn Berhard, gestito dal Governo malese e, in particolare dal Primo Ministro, dal Ministro delle Finanze e da un uomo d’affari malese. Il fondo sembra essere stato utilizzato per corrompere funzionari e spendere milioni in attività che poco hanno a che fare con la beneficienza. Si tratta di denaro sottratto al governo malese e usato per dare mazzette ai politici e favorire le attività di alcuni imprenditori nel settore del legno, direttamente coinvolti con la deforestazione nella foresta pluviale malese.

Secondo il Dipartimento di Giustizia americano, che sta seguendo il caso, i soldi del fondo malese sarebbero stati utilizzati per finanziare la fondazione dell’attore per 1,1 miliardi. Altri 700 mila dollari in opere d’arte e circa 3 milioni per la realizzazione del film “The Wolf of Wall Street” attraverso la società di produzione Red Granite, il cui cofondatore è proprio l’uomo d’affari malese anche gestore del fondo incriminato.

Al momento su Di Caprio non pende nessuna accusa precisa e il suo nome compare solo due volte sul documento redatto dal Dipartimento di Giustizia ma questo scandalo arriva proprio poco prima dell’uscita del documentario Before the Flood, prodotto da Di Caprio su tematiche ambientali, che sarà presentato al Toronto International Festival il mese prossimo.

Agenzia delle Entrate, missive in arrivo. Ma è una truffa!

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truffa agenzia delle entrate

I tentativi di truffa a danno dei cittadini continuano imperterriti, e ancora una volta l’Agenzia delle Entrate si ritrova costretta a diramare un comunicato volto a fare un po’ di chiarezza. Da qualche giorno a questa parte, molti cittadini, soprattutto del Lazio, si stanno vedendo recapitare una lettera che è simile in tutto e per tutto a quelle che l’Agenzia delle Entrate fa recapitare ai contribuenti italiani. Il contenuto di queste lettere è tanto banale quanto scontato: le false lettere dell’Agenzia delle Entrate chiedono ai cittadini di saldare un debito che hanno stipulato con l’amministrazione pubblica, e che è sorto in seguito a un controllo fiscale effettuato dalla stessa Agenzia.

Lettera dall’Agenzia delle Entrate: è una truffa! Come riconoscerla e come difendersi

Nel comunicato, l’Agenzia delle Entrate precisa che nei giorni scorsi alcuni cittadini del Lazio si sono visti recapitare una falsa lettera di richiesta di informazioni in merito a delle presunte irregolarità fiscali. All’interno di queste missiva – che nella forma si presenta estremamente simile a quella “ufficiale” – viene riportato anche il logo dell’Agenzia delle Entrate e la firma di un (falso) dirigente responsabile. La truffa ha luogo quando al contribuente viene chiesto di regolarizzare la propria posizione debitoria tramite il pagamento di una somma pari almeno a 4.000 euro, pagamento da effettuare a favore di un conto corrente intestato a una “società di fiducia dell’Agenzia delle Entrate”.

Ma come si fa a capire che si tratta di una truffa? Il metodo più semplice e immediato sta proprio nella modalità di pagamento richiesta, visto che l’Agenzia delle Entrate – quella vera – non ha mai chiesto né mai chiederà di sanare una posizione tributaria inviando un pagamento a mezzo bonifico. Il meccanismo interno all’Agenzia delle Entrate, semmai, prevede che i pagamenti a suo favore vengano effettuati solo ed esclusivamente mediante dei modelli F23 o F24 che sono gli unici certificati, sicuri e autorizzati per il saldo delle cartelle.

Chi dovesse avere ricevuto lettere di questo genere farebbe bene prima di tutto a non effettuare alcun pagamento, ed in secondo luogo sarebbe il caso si rivolgesse alle forze dell’ordine per avanzare una denuncia per tentativo di truffa. Le autorità stanno comunque indagando sulla questione per cercare di estirpare un fenomeno che potrebbe far cadere nella sua trappola soprattutto le persone più ingenue, come per esempio gli anziani che non usano Internet per informarsi.

Exor fuori dall’Italia

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exor

John Elkann ha dichiarato che l’uscita di Exor dall’Italia non è da considerarsi un escamotage fiscale per l’azienda, ma bensì un’evoluzione naturale per la stessa.

L’evoluzione che sta interessando l’azienda ha richiesto, secondo Elkann, una maggiore presenza di Exor in più mercati e l’Olanda è stata scelta in quanto si tratta di un paese storicamente aperto al mondo. Inoltre, ad avvalorare la tesi, notiamo che circa l’85% del valore delle società del gruppo hanno sede in Olanda.

La fusione trasfrontaliera per incorporazione di Exor nella società olandese Exor Holding (interamente controllata da Exor) è stata decisa velocemente dai partecipanti l’assemblea e approvata a maggioranza.

Una volta effettuata la fusione, Exor holding diventerà la holding del gruppo Exor e assumerà la denominazione Exor N.V., con sede legale nei Paesi Bassi. L’obiettivo che ha portato ad una scelta di questo tipo si trova nella semplificazione dell’organizzazione societaria, nell’allineamento della stessa con quella dei principali investitori e nella necessità di adottare una struttura del capitale sociale che sia in grado di favorire nel tempo la creazione di una solida base azionaria, premiando gli investitori di lungo termine.

Altro discorso invece quello relativo al destino della controllata di Fca Magneti Marelli, su cui sono circolati rumors relativi ad un interessamento di Samsung alla stessa. John Elkann ha confermato di aver discusso con il vicepresidente di Samsung J. Yong Lee, senza però aver formalizzato nulla al momento. Elkann spiega inoltre che Samsung è un’azienda con la quale il gruppo ha già diversi rapporti, anche commerciali, e che è normale che vi siano dialoghi. Samsung sembra inoltre essere interessata al mondo assicurativo, questo farà sì che possibili ulteriori collaborazioni commerciali tra le due aziende potrebbero nascere facilmente.

Sono molti in realtà gli interessi su Magneti Marelli, società molto importante nel mondo della componentistica, non si tratta solo di Samsung, Elkann sta pertando pensando a come rafforzare la società prima che questa esca dal perimetro di Fiat Crysler Automobiles, cosa che avverrà nel medio periodo secondo l’a.d. Sergio Marchionne.

Stati Uniti, Unione Europea e le tasse delle imprese

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tassa sulle imprese

Stati Uniti ed Europa agli antipodi per quanto concerne la gestione delle tasse delle imprese. In Europa infatti ciascun stato ha il divieto di sostenere le imprese, al contrario, negli USA, il governo federale scende in campo a fianco delle multinazionali, mandando all’aria anche accordi internazionali.

La complessa partita a scacchi fra Unione Europea e USA non è ancora conclusa. L’oggetto del contendere è una delle risorse più importanti per uno Stato moderno: il diritto di tassare. In particolare, si pensa alla possibilità di tassare le multinazionali statunitensi che operano negli USA e all’estero.

In Europa tutte le multinazionali hanno scelto di far base in paesi quali Lussemburgo, Olanda, Irlanda (vedi caso Apple) che offrono tassazione favorevole e accordi con il fisco capaci di portare ulteriori risparmi. La pratica non è stata ritenuta accettabile dalla Commissione Europea, questo significa che l’aiuto deve cessare e deve inoltre sempre essere recuperato dallo Stato nei confronti dell’impresa che è stata agevolata. Naturalmente gli investitori sono consci del rischio e tendono, ove possibile, ad adottare piani alternativi per dimostrare che non si tratta di veri e propri aiuti e che pertanto lo Stato non dovrà richiedere il recupero dello stesso.

Più le multinazionali statunitensi saranno obbligate a pagare in Europa e meno lo faranno in America e, naturalmente, la paura degli USA è quella di perdere gettito tributario se la Commissione insisterà nelle sue pretese. Ecco allora la strategia americana: il Dipartimento del Tesoro si fa promotore degli interessi delle multinazionali che, dal punto di vista giuridico, dovrebbero essere considerate normali contribuenti.

In realtà, negli ultimi anni, le multinazionali non hanno pagato nè in Europa, nè negli USA, grazie ad operazioni di pianificazione fiscale che hanno permesso e permettono alle multinazionali di ridurre la loro tassazione in patria semplicemente lasciando i propri utili in una giurisdizione off shore. L’amministrazione Obama ha provato a contrastare il fenomeno, senza successo, e oggi uno dei punti chiave del programma della Clinton è proprio l’introduzione di norme fiscali federali che impongano alle multinazionali di pagare le tasse negli USA.

Il ruolo del dipartimento del Tesoro è pertanto non chiaro in quanto afferma di tutelare gli interessi federali statunitensi e poi, dopo, anche quelli delle imprese americane ma, nella realtà, non sembra seguire quanto dichiara o almeno non sembra farlo in questo ordine.

In Europa, la Commissione si scatena anche contro gli stati europei che hanno violato il Trattato e lo fa con regole solo europee e con il sistema che vieta gli aiuti dei Paesi a sostegno delle imprese, se non rispettando alcune rigorose condizioni. Negli USA invece il Governo federale scende tranquillamente in campo buttando all’aria decisioni e accordi presi ancha a livello di G20.

La differenza è forte ed è forte la necessità di una disciplina sugli aiuti di stato che in Europa presenta qualche limite.

 

Pensioni, ultime novità: l’aumento delle minime è cosa fatta?

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pensioni minime

Le pensioni minime verranno aumentate, e questa, secondo dichiarazioni portate alla luce dagli stessi esponenti di governo, può dirsi elemento certo della prossima riforma delle pensioni. Il ministro del Lavoro Giuliano Poletti è tornato a ribadire questo concetto proprio negli ultimi giorni, tanto è vero che con il mese di settembre si riapriranno ufficialmente gli incontri tra governo e sindacati volti a raggiungere un punto di intesa sui vari tentativi di riforma che riguardano il comparto pensioni.

ENI: via libera agli investimenti a Gela

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Respinto il ricorso presentato dalle associazioni ambientaliste WWF, Legambiente e Greenpeace, da Legacoop Pesca Sicilia, Touring Club italiano e dai comuni di Ragusa, Santa Croce, Vittoria, Scicli, Palma di Montechiaro e Licata contro il progetto di ricerca ed estrazione di gas nell’area del Golfo di Gela, al largo della Sicilia, e sulla terraferma.

“Off shore ibleo” è il nome del progetto, che prevede un investimento di quasi 1,8 miliardi e che include, tra le altre cose, la trivellazione in mare, la realizzazione della piattaforma Prezioso K, il completamento di sei pozzi nei campi Argo e Cassiopea e quello di due pozzi esplorativi (Centauro 1 e Gemini 1) al largo delle coste siciliane.

Stiamo parlando della parte più corposa dell’investimento da 2,2 miliardi che Eni aveva previsto per la riqualificazione ed il rilancio del polo energetico di Gela.

Il Consiglio di Stato ha dichiarato inesistenti le basi del ricorso ed imposto il pagamento delle spese ai ricorrenti. I giudici hanno poi smontato le argomentazioni dei ricorrenti, riconoscendo ed approvando le azioni di Eni ed Edison (altra azienda interessata a lavorare sul territorio).

L’avvio del progetto porterà notevoli benefici sul piano occupazionale. Per la realizzazione del complesso di attività infatti sono state sinora impiegate risorse umane dell’indotto locale: 1062 addetti nel 2015 rispetto ai 900 previsti più di 1200 nel 2016″.

La sentenza va inoltre ad inserirsi in un quadro giudicato positivo. All’inizio di aprile sono stati avviati i cantieri per la costruzione della Green Refinery, con un investimento di 220 milioni, e a fine luglio sono stati emessi i primi ordini di acquisto per i materiali e sono attualmente in corso le gare per l’approvigionamento del materiale per completare la prima fase del progetto.

La Sicilia è una regione strategica per l’Eni, nella quale si concentra il 30% delle spese previste in Italia nel piano 2016-2019. In particolare, a Gela è destinato il 26% degli investimenti. L’Eni sta lavorando in Sicilia per trasformare una raffineria tradizionale in raffineria verde, con l’avviamento di un processo di biotrasformazione anche nella chimica e nella raffinazione. Eni è inoltre impegnata nella riconversione dei siti dismessi e poi assegnati alle energie rinnovabili.

Apple: appello contro Bruxelles

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apple

Apple e Dublino insieme contro Bruxelles. Il colosso americano e l’Irlanda si compattano per fare appello contro la decisione della Commissione Europea di riscuotere da Apple 13 miliardi di tasse non versate.

L’accordo sarà ora sottoposto all’approvazione del Parlamento. Per mettere a tacere coloro che non vedono di buon occhio questa alleanza, il ministro irlandese si è impegnato a revisionare l’attuale sistema di tassazione per le imprese, stabilendo quanto le multinazionali pagano oggi e quanto dovrebbero pagare.

Il timore del ministro irlandese è che il sistema di tassazione locale non sia più appetibile alle multinazionali ed agli investitori internazionali, attratti proprio dal regime fiscale favorevole. Proprio le multinazionali e gli investitori sono fondamentali per l’economia del paese che ha ripreso a correre dopo la forte crisi, e per il lavoro, visto che gli studi dicono che un lavoratore del settore privato su cinque sia impiegato in una multinazionale.

Il rifiuto di incassare i 13 miliardi di euro da parte dell’Irlanda inoltre, cifra che equivale al budget sanitario irlandese dello scorso anno, è apparso ad alcuni ministri impopolare per un paese che è da poco uscito da un periodo di forte austerity. Di qui i timori di una caduta del Governo, timori ora rientrati, mentre quelli relativi alla questione fiscale sono destinati a restare attuali per i prossimi mesi.

Cosa dicono gli analisti

La multa record inflitta ad Apple dall’Unione Europea non ha prodotto alcuna variazione sulle stime dei prossimi anni e sulla valutazione del “fair value” del titolo, che mantiene le sue quattro stelle.

L’importo dell’ammenda rappresenta poco più del 6% della liquidità del bilancio del colosso americano, una cifra irrisoria che inoltre non produrrà un esborso immediato visto che sia Apple che l’Irlanda faranno appello alla sentenza e che la questione giudiziaria potrebbe protrarsi per più anni.

Le previsioni

Le stime degli analisti restano invariate. Secondo le previsioni l’anno in corso dovrebbe chiudersi con un calo delle vendite di circa l’8%, a causa dell’andamento sfavorevole del tasso di cambio e del timido andamento dei consumi. Nei successivi 4 anni, ci si aspetta una crescita media del fatturato di poco superiore al 4%.

 

Samsung, azioni in caduta libera: colpa di Galaxy Note 7?

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samsung galaxy note 7

Le azioni Samsung sono scivolate vertiginosamente non appena l’azienda ha comunicato di aver sospeso le spedizioni di Galaxy Note 7. Non è ancora stata fatta luce sulla faccenda, ma sembra che il colosso di Seoul abbia deciso di interrompere almeno per un po’ le spedizioni del suo ultimo telefono a seguito di una serie di incidenti accaduti in Asia.

Cina: il 2016 potrebbe essere il suo anno

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Il 2016 potrebbe davvero rivelarsi l’anno d’oro della Cina, nonostante il trend in calo del suo Prodotto Interno Lordo.

Il Pil cinese, che nel 2015 ha toccato il punto più basso dal 1990, quest’anno si prevede che rallenterà ancora, oscillando tra il 6,5% e il 7%. La causa sembra essere la transizione da un modello economico basato sulle esportazioni ad uno che invece si fonda sulla domanda interna.

Ma non possiamo parlare di crisi per la Cina, la quale sta reagendo con una politica espansionistica aggressiva, facendo shopping sfrenato in tutto il mondo.

Accanto alla flessione del suo import/export, nel 2015 gli investimenti all’estero del colosso sono stati pari a 128 miliardi di dollari, inferiori solo a quelli di USA e Giappone.

I cinesi amano l’Italia

L’Italia si conferma la meta europea preferita dagli investitori cinesi. Lo confermano le recenti acquisizioni sulle società sportive Milan e Inter per un totale di circa 1,4 miliardi di euro. Per non parlare dei 7,4 miliardi di euro spesi nel 2015 per l’acquisizione di Pirelli (l’investimento più imponente realizzato dai cinesi nel nostro paese) o ai 2,1 miliardi di euro per rilevare il 35% di Cdp reti, holding che controlla Snam e Terna.

Perchè il 2016 sarà il suo anno

Secondo gli analisti il vero boom della Cina si verificherà nel 2016. Quest’anno sono già stati spesi 43 miliardi di dollari per rilevare Syngenta, multinazionale svizzera che produce semi e prodotti chimici per l’agricoltura. Con il via libera ottenuto per la connessione tra le Borse di Shenzhen e Hong Kong, il colosso asiatico avrà a disposizione nuovi capitali che permetteranno agli investitori di acquistare azioni sul mercato di Hong Kong, con un flusso massimo giornaliero di 23,5 miliardi di yuan (3,1 miliardi di euro).

Inoltre fra pochi giorni, per la prima volta, la Cina ospiterà il G20 che, secondo gli organizzatori, è costato al Dragone circa 21 miliardi di euro.

Un anno fa il crollo della Borsa di Shanghai, oggi la Cina sembra percorrere la strada che la porterà ad essere protagonista assoluta di questo 2016.

Donald Trump: perchè questa economia ha bisogno di lui

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Donald Trump

Quest’anno i media hanno seguito ampiamente il processo elettorale: la gestione della campagna, lo stile di linguaggio, ogni scivolone e passo falso. E’ stato divertente, tutto questo ci ha intrattenuto, ma sono le differenze nella politica delle due fazioni il fatto più importante.

La campagna di Donald Trump è chiaramente rivolta al cambiamento, ad una crescita rapida, alla riparazione dell’economia stagnante ed alla fine della corruzione nel sistema. Dall’altra parte, Hillary Clinton vuole continuare la politica portata avanti negli ultimi due mandati dall’amministrazione Obama.

Chi possiede il piano migliore? L’economia americana sta crescendo solo dell’1,1% all’anno e le previsioni non vanno oltre il 2% per i prossimi 10 anni.

Si, c’è stata una profonda recessione, ma è terminata nel 2009. Il recupero è stato il più lento che si sia registrato negli ultimi decenni ed il primo che ha effettivamente portato i redditi della classe media in calo. Gli investimenti delle imprese e gli utili sono minori rispetto ad un anno fa e le politiche federali controproducenti spremono le piccole imprese. Il risultato è un’economia stagnante che lascia all’angolo milioni di Americani.

Per riavviare la crescita, Trump propone subito un abbassamento delle aliquote, anche per la classe media ed una semplificazione del codice fiscale. Gli americani potrebbero richiedere un’esenzione per le spese dell’infanzia e per le tasse, inoltre Trump vorrebbe eliminare la tassa di morte che grava particolarmente su alcune piccole imprese e sugli agricoltori.

Per riavviare gli investimenti in nuovi business ed aumentare i posti di lavoro, Trump propone un piano per ridurre le aliquote di imposta sulle società al 15%, mentre si introdurrebbero, al contempo, detrazioni fiscali. Questo esemplificherebbe il sistema di tassazione rendendo il paese più competitivo verso le altre nazioni e diventando un catalizzatore di nuovi posti di lavoro.

La Clinton va invece nella direzione opposta deprimendo la crescita e lo sviluppo lavorativo con un sistema di tassazione incompetente, tasse maggiori sulle proprietà e una tassa aggiuntiva del 4% su coloro che hanno maggior successo. Insiste a dire che il piano Trump creerebbe un deficit ed una recessione maggiore e sta basando la visione del suo partito sul fatto che le aliquote fiscali non hanno molto a che fare con la crescita e gli investimenti.

Lo studio che Moody’s ha condotto sugli effetti di un piano Trump dicono in realtà che il deficit fiscale sarebbe maggiore, ma che sarebbe maggiore anche la crescita e l’occupazione. Si presume che la FED alzerà i tassi di oltre il 6%, causando una recessione che si attribuisce a Trump. Il risultato più probabile è in realtà una crescita maggiore senza un picco dei tassi di interesse o senza una recessione.

I vantaggi economici scarsi negli ultimi 8 anni sono ancora più scarsi per la maggior parte degli Americani, rispetto al PIL del paese ed indicano che, in realtà, questa politica ha favorito i ricchi e non i più poveri.

Trump propone inoltre di ribaltare il sistema corrotto in cui si trova l’America oggi. La sua proposta è una nuova politica commerciale che incoraggi nuovi posti di lavoro anzichè tagliarli. La sua posizione è stata demonizzata dalla stampa come protezionismo, ma il fatto è che il sistema commerciale americano non funziona.

Un candidato vuole aliquote fiscali maggiori, l’altro le vuole diminuire. Uno pensa che la ripresa economica del paese abbia avuto successo, l’altro pensa che abbia lasciato ai margini milioni di americani.

Chi ha ragione? Chi convincerà gli americani?

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