Elezioni Usa, recupero di Donald Trump: Borsa in tensione

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Donald Trump

Manca appena una settimana al voto che eleggerà il nuovo presidente degli Stati Uniti d’America. Negli ultimi giorni i due candidati alla Casa Bianca si sono lanciati nuove accuse, ma è su Hillary Clinton che sono emerse le novità più importanti: l’apertura di un’indagine Fbi sul caso email gate sta contribuendo a far risalire Donald Trump in quegli stessi sondaggi che, fino a pochi istanti prima, lo vedevano in netto svantaggio nei confronti della candidata dem.

L’establishment, però, si augura tutto tranne che la vittoria di Trump. La risalita nei sondaggi del tycoon sta creando pertanto un po’ di tensione nei mercati finanziari, con un paniere Msci Asia Pacific che ha registrato la peggiore performance da settembre e con un S&P 500 di Wall Street che è caduto fino a toccare il punto di minimo dal mese di luglio.

La stessa tensione sembra sia arrivata anche in Europa, con una Borsa appiattita sul segno meno: Milano apre la seduta giornaliera con un calo dell’1%, Parigi scende dello 0.6%, Francoforte dello 0.75%, mentre Londra perde lo 0.4%. Preoccupazione anche per lo spread italiano, portatosi ai massimi da un anno a questa parte: il differenziale tra Btp e Bund si allarga infatti a quota 160 punti, con i decennali del Tesoro che valgono l’1.72% sul mercato secondario.

A destare preoccupazione ci sono poi altri due dati: l’indice di BofA da una parte e il prezzo del petrolio dall’altra. Per quanto riguarda l’indice di BofA che traccia l’oscillazione di azioni, bond, valute e materie prime, c’è da segnalare infatti una risalita costante negli ultimi cinque giorni come non accadeva dai tempi del referendum sulla Brexit. Il petrolio, invece, continua a diminuire di prezzo: il greggio Wti scende sotto i 46 dollari al barile finendo ai minimi da settembre, mentre il Brent perde l’1.45%.

Tornando in Europa, si segnala poi un lieve recupero dell’euro sul dollaro, con un cambio ora vicino ai 1.108. I mercati rimangono tuttavia delusi dagli indici Pmi dei principali Paesi dell’Eurozona, con un manifatturiero italiano che scende infatti da 51 a 50.9 punti, quasi isolato se si considera che sia la Francia che la Germania sono in netta risalita (la prima salta da 49.7 a 51.8 punti, mentre il risultato tedesco porta il suo indice Pmi da 54.3 a 55 punti). La Germania va alla grande però non solo in termini di industria manifatturiera, ma anche e soprattutto sul fronte lavoro: in Germania il tasso di disoccupazione scende al 6%, cioè al punto di minimo storico che sia mai stato toccato dalla riunificazione (il numero delle persone senza lavoro è sceso di altre 13mila unità secondo i dati dell’Agenzia federale del lavoro).