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Sterlina: dati incoraggianti

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Sterlina in rialzo dopo il Brexit, ma gli analisti restano prudenti.

Lo scorso mese l’indice Markit dei servizi, settore dominante dell’economia britannica, dopo il crollo di luglio ha registrato una netta ripresa, con l’incremento mensile maggiore nei suoi 20 anni di storia.

Il miglioramento record va ad aggiungersi alle incoraggianti statistiche economiche degli ultimi giorni riguardanti il settore manifatturiero e delle costruzioni, oltre che sulla fiducia dei consumatori. I dati suggeriscono che nell’immediato, la recessione dovrebbe essere evitata, gli indici fanno piuttosto pensare ad una stagnazione economica e occorrerà attendere i dati di settembre per sapere se l’economia è contratta o ha riportato una crescita.

Reazione positiva della sterlina, che ha segnato i livelli migliori verso il dollaro da sette settimane a 1,3373 dollari (+ 0.6%) e da un mese verso l’euro a 0,8349 (+0,4%). Nel dettaglio, l’indice dei direttori di acquisto dei servizi in agosto e’ salito a 52,9 punti, superando nuovamente la soglia dei 50 punti che segnala una crescita dell’attivita’. In luglio l’indice era crollato a 47,4, livello che non si vedeva da 7 anni e traduceva lo shock per l’esito del referendum del 23 giugno a favore dell’uscita dalla Unione Europea. Il mese scorso sono stati registrati una maggiore domanda dai clienti, un rafforzamento dell’attività all’export a causa dell’indebolimento della sterlina, una buona stagione turistica ed un ritorno di fiducia dopo il referendum.

Le misure espansionistiche prese dalla Banca d’Inghilterra e la calma politica che ha contrassegnato il mese passato potrebbero aver causato la fiducia delle imprese. La ripresa dei lavori parlamentari e del dibattito sulla gestione della Brexit sembrano destinati a rompere questa tregua, riportanto le questioni dell’accesso al mercato unico e dell’immigrazione sotto i riflettori. Gli analisti annunciano però che ci vorrà del tempo per vedere l’impatto sull’economia della Brexit, anche se le prime avvisaglie si sono già viste al G20 in Cina.

Il premier britannico Theresa May ha avvertito che ci potrebbero essere tempi difficili. Ha inoltre escluso la possibilità di un sistema di immigrazione a punti, come quello attuato in Australia, e caldeggiato dal ministro degli Esteri Boris Johnson, ma ha anche anticipato che potrebbero esserci agevolazioni per i cittadini comunitari. Le affermazioni del premier non sono piaciute naturalmente ai paladini della Brexit e, proprio in Cina, durante il G20, la May ha già ricevuto avvertimenti da parte del Giappone e degli USA in merito ai rischi della Brexit. Tokyo ha pubblicamente annunciato che gli investimenti giapponesi potrebbero essere rilocalizzati se la premier non riuscirà a negoziare un’uscita soft dall’Unione. Da parte sua, il Presidente Obama ha detto che Washington ha come priorità gli accordi commerciali con l’Unione Europea, prima di prendere decisioni o scendere a trattative con il Regno Unito.

 

Economia creativa: di cosa si tratta?

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economia creativa

John Howkins è l’autore britannico che nel 2001 creò e rese popolare il concetto di economia creativa attraverso il libro “The creative economy – How people make money from ideas” (“L’economia creativa – Come le persone fanno i soldi dalle idee”).

Nel libro, tradotto in 11 lingue e diventato best seller internazionale, Howkins analizza l’inedito rapporto tra creatività individuale ed economia di mercato, evidenziando come l’industria interessata alla produzione di servizi o beni attraverso l’impiego delle capacità creative della propria forza lavoro (come per i settori delle Arti performative e visive, della moda, di musica, cinema, televisione e, più in generale, per tutti quei settori che richiedono come requisito produttivo necessario l’innovazione), avrebbe potuto assicurare ai nuovi sistemi economici del terzo millennio maggiori garanzie di sviluppo e di diffusione di benessere rispetto alle tradizionali economie “ripetitive” del manifatturato e dell’assemblaggio.

Il dibattito, iniziato con la pubblicazione del libro, si è esteso a livello internazionale e nel 2008 l’Onu propose, agli allora Stati membri, un’attenta discussione in merito alla relazione tra creatività, cultura, economia e tecnologia, ovvero l’abilità di creare e far circolare capitale intellettuale in grado di generare guadagno, nuovi posti di lavoro e di promuovere inclusione sociale, diversità culturale e sviluppo umano.

Ad oggi il dibattito continua e i tavoli di confronto procedono spesso a velocità diverse: ci sono molti Paesi di grande peso demografico, spiega Howkins, quali la Russia, il Brasile, l’India e l’Indonesia che non sono ancora entrati nel confronto internazionale creativo nel ruolo di attori principali.

Howkins sostiene inoltre che creatività ed innovazione siano forze fondamentali in grado di trasformare il mondo. Ovunque nel mondo l’economia creativa sta crescendo più velocemente del manifatturato e dei servizi tradizionali, pertanto i Paesi che si concentreranno su creatività ed innovazione saranno quelli in grado di espandere maggiormente le proprie economie e diventare sempre più solidi.

 

 

L’Istat annuncia “la crescita è ferma”

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Nei primi sette mesi del 2016 si registrano circa 10 miliardi di entrate tributarie in più, la riduzione del debito promessa per quest’anno si fa difficile però.

L’economia italiana è ferma. Aveva già cominciato a rallentare prima dell’estate e la cosa peggiore sembra essere il fatto che la sua debolezza proseguirà anche in autunno sembra.

Le speranze che il Prodotto interno lordo possa registrare un aumento dell’1% quest’anno si assottigliano sempre di più, così come le possibilità di una riduzione del debito pubblico, obiettivo cruciale di quest’anno. Di conseguenza, la manovra di bilancio per il 2017 si complica e il governo deve tirarsi su le maniche, visto che la presentazione della stessa è prevista entro un mese e mezzo.

L’Istat, nella sua nota congiunturale mensile, certifica lo stop dell’economia italiana, nel dettaglio dichiara: “l’economia italiana ha interrotto la fase di crescita, condizionata dal lato della domanda dal contributo negativo della componente interna e dal lato dell’offerta dalla caduta produttiva nel settore industriale”. La domanda interna sembra aver esaurito la sua spinta già debole, gli investimenti sono fermi, così i consumi delle famiglie, inoltre il comparto produttivo è in caduta. Peggiora il clima di sfiducia tra le imprese (sceso sotto quota 100 per la prima volta da febbraio 2015) e tra i consumatori (diminuita di 9 punti da gennaio ad oggi).

Anche l’occupazione a luglio in calo dopo quattro mesi di crescita: “l’indicatore anticipatore dell’economia rimane negativo a luglio, suggerendo per i prossimi mesi un proseguimento della fase di debolezza dell’economia italiana”.

Il governo contava su un aumento del prodotto interno lordo dell’ 1% anche per quest’anno; al contrario, l’impatto della minor crescita potrebbe avere delle conseguenze sia sui conti del 2016 e del 2017.

L’obiettivo di invertire la tendenza del rapporto tra debito e PIL è considerato cruciale anche dall’Unione Europea, ma diventa oggi più difficile da raggiungere, sebbene ci sia l’impegno da parte del ministro dell’Economia Padoan.

La riduzione del debito è ostacolata sì dal Pil immobile e dall’inflazione, al momento negativa, per la quale l’Istat non prevede recuperi significativi nei prossimi mesi.

Favorevole invece la crescita consistente delle entrate fiscali, salite di quasi 10 miliardi da inizio anno, rispetto all’anno precedente, che potrebbe contribuire a mantenere il deficit sotto controllo. Per il 2017 al governo servono circa 25 miliardi per eliminare IVA, pensioni, incentivi all’industria, piano contro la povertà, investimenti, sostegno all’occupazione. La copertura verrà garantita dalla spending review, dall’aumento del deficit (che si fermerà oltre l’1.8%) e da una nuova voluntary disclosure.

Musixmatch: la startup tutta italiana che ha conquistato Facebook

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Musixmatch

Massimo “Max” Ciociola è il CEO e founder di Musixmatch, il più grande catalogo on line di testi di canzoni. Pugliese, 39 anni, è nato a Foggia ma è cresciuto a Manfredonia. Ha frequentato l’università a Bologna e ha studiato ingegneria, oggi è sposato e ha una bambina.

Musixmatch è l’azienda fondata nel 2010 con Gianluca delli Carri, che oggi conta 60 milioni di utenti e dà lavoro da 15 anni a 30 persone.

Questa startup tutta italiana è stata citata da Mark Zuckerberg, che ne l’ha parlato citandola insieme a Spotify e al suo CEO, Daniel Ek. Due realtà europee e, del resto, come ha detto Zuckerberg, la tecnologia ci permette di emergere ovunque.

Le origini

Musixmatch è nata in Emiglia Romagna ma il suo spirito è pugliese. Uno spirito combattivo, mai arrendevole, lo spirito di chi vuole fare e fare bene.

Imprenditore da quando aveva 18 anni, Massimo fonda nel 1999 la Wireless Solutions, una tra le prime aziende in Europa all’epoca a muovere i primi passi nel mondo degli smartphone e del mobile entertainment. L’azienda venne poi acquisita da DADA, una delle aziende pioniere di Internet al tempo. Nel 2002, anno in cui venne acquisita, Wireless Solutions contava 33 dipendenti e quattro sedi: Regno Unito, Stati Uniti, Spagna e Asia.

Dopo l’acquisizione da parte di Dada, Massimo ha ricoperto diversi ruoli, tra cui quello di Amministratore Delegato per l’area Mobile per i paesi iberici e latinoamericani, ruolo che lo ha portato in Spagna per tre anni. Secondo Massimo “la più grande opportunità dell’Italia è proprio la mancanza di opportunità, scontrandosi con i problemi della vita di tutti i giorni arrivano le idee per risolverli e queste si possono trasformare in imprese di successo”.

La partnership con Spotify

Nel 2015 Spotify decide di integrare nel proprio servizio il suo archivio con l’archivio dei testi più grande al mondo creato da Max. Cinque anni di prove e tanti errori che però, secondo Max, hanno permesso al team di imparare e migliorare. Uno dei tanti: il microfono per Karaoke che hanno lanciato nel 2013 e che è stato un fiasco.

Provare, magari sbagliare, fare sacrifici ma poi arrivare al successo. Questo è il modello di Max Ciociola, un modello per coloro che vogliono percorrere una strada vera, anche se difficile, verso il successo.

 

 

SpaceX: il progetto Facebook va in fumo

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In fumo, ma solo per ora, il progetto di Facebook volto a portare la connessione Internet su satellite ai Paesi emergenti tramite razzo SpaceX.

Il razzo Falcon 9 della compagnia di Elon Musk (patron di Tesla) è esploso a Cape Canaverale durante i test di pre lancio. Il razzo conteneva il satellite Amos-6, di proprietà di Facebook, acquistato dal colosso per dare la banda larga alle popoloazioni dell’Africa. 

I FATTI

Un’anomalia sulla rampa di lancio ha portato alla perdita del veicolo e del suo carico, ma non ci sono stati danni alle persone, sebbene la deflagrazione sarebbe stata potente.

Secondo quanto riportato da SpaceX, il problema sembra essersi verificato durante le operazioni di carico del propellente (ossigeno liquido), ma l’azienda di Musk sta continuando le indagini.

L’incendio si è sviluppato nella parte più alta del razzo, pertanto l’esplosione dovrebbe essere avvenuta o dove si trova l’ossigeno liquido oppure nella capsula cargo. Se si tratta dell’ossigeno liquido il guaio è grosso perchè è lo stesso problema che ha causato l’esplosione del razzo SpaceX nel 2015, poco dopo il lancio.

Un problema al lanciatore potrebbe causare notevoli ritardi nella missione, se invece l’incidente è a livello della capsula l’impatto sull’azienda potrebbe essere migliore. Ma ci vorrà del tempo per capire che cosa è veramente successo, l’indagine potrebbe anche richiedere degli anni.

SpaceX veniva testato in preparazione del lancio che avrebbe dovuto aver luogo il 3 settembre e che avrebbe dovuto mettere in orbita il satellite per le comunicazioni della Spacecom, Amos-6, costato a Facebook più di 100 milioni di dollari e che, tra le altre funzioni, avrebbe permesso all’azienda americana di portare la connessione Internet su banda larga alle popolazioni africane per l’iniziativa Internet.org.

Insieme alla francese Eutesal, Facebook aveva anche speso 95 milioni di dollari per affittare le frequenze della banda Ka per cinque anni.

Facebook non si arrende, si dichiara dispiaciuta dell’accaduto ma continuerà nella sua missione: connettere tutte le persone del mondo tramite Internet. Per fortuna il colosso utilizza anche la tecnologia denominata Aquila che permette alle persone di connettersi alla rete.

La grande innovazione introdotta da SpaceX consiste nella possibilità di poter recuperare e riutilizzare i lanciatori, abbattendo i costi dei voli spaziali. Quest’anno SpaceX è riuscita ad effettuare cinque lanci di razzi con successo, migliorando le sue prestazioni tanto da avere un track record superiore a quello dei suoi concorrenti.

Questa esposione rischia però di fermare i progressi di SpaceX , che sperava in una sfilza di successi dopo il lancio di Falcon 9. SpaceX è anche in concorrenza con Boeing per diventare la prima azienda privata che trasporta persone nello spazion con la navicella.

Elon Musk dovrà impegnarsi per salvare la reputazione di SpaceX nei confronti del pubblico e, in particolare, dei clienti importanti, quali Nasa e SES (produttore di satelliti), convincendoli che il prodotto è affidabile.

E’ proprio la Nasa a dichiarare che SpaceX ha migliorato la sua qualità, diventando soddisfacente, ma ora Elon Musk dovrà stare attento che quella fiducia non venga intaccata dal nuovo incidente.

Erik Nielsen (Unicredit): la Fed non alzerà i tassi

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Secondo Erik Nielsen, capo economista di Unicredit, il 2016 passerà alla storia come l’anno in cui i membri della Fed, dopo aver previsto quattro aumenti dei tassi ad inizio anno, non ne hanno poi fatto neanche uno.

La presidentessa della Banca Centrale, Janet Yellen, sembra essere negli ultimi tempi al centro di molte critiche da parte di analisti e dei gestori a causa dei suoi comportamenti contradditori.

Secondo Nielsen “la Fed ha perso la capacità di distinguere tra problematiche domestiche e globali” e “assomiglia sempre di più ad una banca che naviga in acque agitate senza bussola nè capitano, popolata da membri dell’equipaggio che dicono la loro su cosa fare solo per essere ascoltati da persone che strombazzano i loro buoni consigli dalla riva del mare”.

Sempre secondo Nielsen, la Fed non ha mai dato una spiegazione chiara del motivo per cui ha deciso di cambiare idea sui tassi, nonostante il mercato del lavoro e l’inflazione, le variabili chiave per la sua azione, abbiano mostrato progressi durante l’anno e nonostante i mercati si siano comportati piuttosto bene. A Nielsen sembra che la Yellen si sia chiusa a dibattersi nell’indecisione piuttosto che fare da guida; l’economista prevede inoltre che anche durante il prossimo meeting previsto per il 20-21 settembre l’atteggiamento non cambierà.

Occorrerà aspettare pertanto il prossimo dicembre per un incremento dei tassi, anche se, vedendo il passato, le incertezze post elettorali (a novembre si terranno le elezioni presidenziali in USA) rimanderanno questo aumento ulteriormente più in là. E’ certo però, secondo Nielsen, che lo storico andamento sovrapposto tra Pil nominale (ora poco sopra il 2%) e il tasso fissato dalla Fed (pari al 0,25/0,5%) che oggi è divergente, tornerà ad essere tale.

L’economista conclude inoltre dicendo che finchè gli USA resteranno un’economia di mercato, Pil e tassi si incontreranno intorno al 2%, ma per questo ci vorrà ancora qualche anno.

 

Petrolio: accordo Russia – Arabia Saudita

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Russia e Arabia Saudita raggiungono un accordo di massima per la stabilizzazione del prezzo del petrolio durante il G20 in Cina. I prezzi volano subito al rialzo per poi ritracciare quando si capisce che non ci saranno interventi immediati.

Arabia Saudita e Russia, rispettivamente primo e secondo produttore di petrolio al mondo, hanno trovato un accordo di massima, sebbene non abbiano ancora fatto alcun passo concreto. Hanno concordato l’istituzione di una task force per studiare il mercato del petrolio e definire azioni che possano garantire la stabilità del mercato.

Il Ministro dell’Energia saudita, Khalid- al- Falih, e il suo alter ego russo, Alexander Novak, hanno spiegato che la cooperazione riguarda la ricerca di strumenti concreti per stabilizzare l’economia globale, incluse limitazioni all’estrazione di greggio. L’accordo dimostra inoltre l’eccellente relazione economica presente tra i due paesi.

L’annuncio è stato definito “storico” dallo stesso Novak che ha anche indicato che dovrebbe essere concesso all’Iran di recuperare il livello di produzione che aveva pre embargo. Il ruolo di Teheran è stato proprio uno dei fattori destabilizzanti sul fronte petrolifero in quanto la fine delle sanzioni ha acuito il rischio di un prosieguo della sovraproduzione di greggio. L’eccesso di offerta di petrolio infatti ha depresso ormai i prezzi della materia prima e i tentativi dell’Opec di congelare la produzione sono stati un fallimento.

L’annuncio fatto al G20 non fa che confermare quello preso dai premier Mohammed bin Salman e Vladimir Putin. Impegno rivolto a lavorare insieme per la stabilizzazione dei prezzi. Putin ha inoltre aperto le porte anche ad una collaborazione con l’Opec in vista dell’incontro del cartello di questo mese.

Qualcosa sembra muoversi ma gli addetti ai lavori si dichiarano guardinghi visto che, già ad aprile ci si aspettava un’intesa tra le parati che non è arrivata. Di risultati concreti insomma se ne sono visti pochi fino ad oggi. In questo momento diversi paesi, quali Yemen, Venezuela, USA e Russia stessa vorrebbero avere un prezzo del petrolio più alto e un accordo tra i due top produtttori ed esportatori, ma solo se decidessero di tornare alle medie di produzione degli ultimi trent’anni avrebbero le leve per far ripartire il prezzo del greggio verso livelli molto alti. Questo vale sopratutto per l’Arabia Saudita che, a differenza della Russia, può decidere di aprire e chiudere i rubinetti a piacere.

Matteo Renzi: a Cernobbio i sindacati minacciano sciopero

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Dopo le dichiarazioni rilasciate da Matteo Renzi al Forum Ambrosetti di Cernobbio in merito ad una possibile riduzione degli occupati del settore nei prossimi 10 anni, i sindacati bancari hanno minacciato uno sciopero generale.

Il premier Matteo Renzi ha accennato ad una possibile riduzione degli occupati nel settore bancario, nei prossimi dieci anni, dagli attuali 300.000 a 150.000 unità. Questo è bastato a far scattare il malcontento tra i sindacati del settore.

Il Presidente di Bnl Luigi Abete ha confermato le dichiarazioni di Renzi, sottolineando che il premier ha solo dichiarato che il settore bancario tra dieci anni avrà una composizione dell’occupazione diversa come qualità e numeri rispetto a quella attuale. Abete continua a difendere Renzi dicendo che non sarà lui a dimezzare i dipendenti, che non è una cosa inventata da Renzi, ma che a cambiare saranno solo la qualità e la quantità del lavoro in quel settore.

Le parole di Renzi non sarebbero state nè una minaccia nè una disattenzione quindi, ma una consapevolezza, un dire: “parliamone subito e non tra dieci anni”.

Non la pensano così i sindacati secondo i quali le parole di Renzi non meritano che uno sciopero generale, in quanto le parole del premier rischiano, proprio secondo i sindacati, di destabilizzare il settore. “Chi pagherà i costi sociali di questa drastica riduzione del personale” – si chiedono – “e con quali soldi”?

Una fonte di Palazzo Chigi sottolinea che non c’è alcuna ipotesi, al momento, in atto per dimezzare i bancari entro dieci anni e che, anzi, il governo si pone l’obiettivo di ridurre i consigli di amministrazione superflui, alcune poltrone, rivedere il ruolo della politica nelle banche e le superconsulenze. La preoccupazione del governo riguarda un eventuale esubero di lavoratori in tutti i settori, ma quello bancario è al centro delle preoccupazioni del governo.

 

Bayer non desiste e offre a Monsanto 65 miliardi di dollari

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E’ ormai un po’ di tempo che Bayer tenta l’acquisto di Monsanto senza tuttavia riuscirci. L’obiettivo della casa tedesca è quello di creare un nuovo punto di riferimento globale nell’industria dei sementi e dei pesticidi, per cui ad ogni “No” ricevuto, da quel di Bayer non ci si arrende di certo. Una prova di questa tenacia ce l’abbiamo avuta proprio nelle ultime ore, visto che i tentativi di acquisto stanno andando avanti senza alcuna sosta!

Il Giappone contro Theresa May

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Il premier britannico Theresa May è decisa ad accelerare i tempi per il divorzio dall’Unione Europea.

La May ha convocato una riunione questa settimana per stilare una road map per la Brexit e accelerare i tempi di uscita dall’Unione Europea, ma lo spaccatura nel governo è alle porte. Si è pronti ad uno scontro, sembra infatti che vi siano due fazioni: coloro che vogliono mantenere l’accesso al mercato UE in alcuni comparti chiave (i servizi finanziari, ad esempio) e coloro che vogliono uscire dall’UE senza aspettare ulteriormente. Il premier dovrà ergersi ad arbitro ma, al di là della disputa, la May sembra intenzionata ad andare avanti, anzi ad accelerare il processo di uscita.

Il Primo Ministro sembra inoltre interessata ad attivare l’articolo 50 del Trattato di Lisbona che dà l’avvio formale a due anni di negoziati con Bruxelles. Sembra intenzionata ad attivarlo all’inizio del prossimo anno, senza aspettare le elezioni in Francia e Germania, previste rispettivamente per aprile/maggio e settembre prossimi.

Nel frattempo, il Giappone minaccia Londra di abbandonare il territorio britannico, spostando e rilocalizzando tutte le aziende giapponesi che hanno attualmente il loro quartier generale nel Regno Unito. Il Giappone è intenzionato a spostare le sue aziende nel resto d’Europa se le leggi comunitarie cesseranno di essere applicate anche nel Regno Unito. Tokyo fa riferimento in particolare e senza troppi giri di parole, alle imprese che sono state caldamente invitate dal Governo britannico a localizzarsi sul territorio e che hanno investito attivamente nel Paese, visto all’epoca come porta di passaggio per l’accesso in Europa.

Tokyo pretende pertanto che Londra consideri seriamente gli effetti della Brexit e che attui misure per incentivare gli investimenti, nonchè che venga ripristinata la libertà di movimento dei lavoratori delle imprese giapponesi. Le banche presenti a Londra sono le più a rischio, seguono i produttori di auto quali Honda, Nissan e Toyota, che hanno impianti nel Regno Unito e temono aumenti nei prezzi, e le case farmaceutiche.

 

 

*I CFD sono strumenti complessi e presentano un alto rischio di perdita rapida di denaro per via della leva. Tra il 74-89% degli investitori perde denaro quando negozia CFD. Considera se puoi permetterti l'alto rischio di perdere il denaro investito.
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